QUANDO IL CICLISMO DIVENTA EPICO....

Tra i contemporanei che scrivono di cose sportive, Claudio Gregori mi pare uno dei più bravi. Giornalista di lungo corso, si occupa di ciclismo. Il ciclismo diventa nei suoi libri il campo di battaglie epiche, con eroi, leggende, caduti e seconde file, e il suo stile è incalzante, sorprendente, iperbolico, esagerato. Gregori rischia di "svaccare" ad ogni tornante, ma ha il grandissimo merito di costruire una narrazione epica del gesto sportivo. Questo l'incipit del suo libro su Merckx (edito da 66th and 2nd nel 2016):
Il ciclista insegue il vecchio sogno persiano di Montesquieu, 'la civiltà dell'uccello', in contrasto con la 'civiltà dell'elefante'. Cerca la leggerezza, la velocità, il volo, l'avventura. Tutto l'opposto del passo lento, pesante, ritmato, legato alla gravità della terra. Preferisce la novità alla routine, lo spazio libero a un mondo di volumi. Il ciclista è un migratore. Anche la sua vita è legata alle stagioni. Appartiene al movimento, al sole, all'immensità. Le ruote sono ali. La corsa, però, non è solo avventura all'esterno, è anche viaggio all'interno, nei labirinti profondi dell'uomo. La bici esplora la grandezza e il dolore. Ha bisogno di perfezione. Pretende alta pazienza, illimitato sacrificio. Attraversa lo spazio, ma anche il cuore. La bicicletta ha la sua Mecca. Un punto di luce che cattura e strega, dove il ciclista-migratore torna sempre. La Milano-Sanremo non è una gara, è un viaggio rituale. E' la prima grande corsa dell'anno. Al suo richiamo le biciclette escono di letargo e planano verso il mare
. Il Merckx di Gregori è colui che spezza con prepotenza e spazza via ciò che il ciclismo era stato fino ad allora. Ma il giornalista tocca l'apice, a mio modo di vedere, quando affronta il declino del campione, dopo anni di vittorie sfolgoranti. Quando l'incanto se ne va, e Merckx non è più Merckx. Ma anche allora Merckx ha qualcosa da insegnare: ai mondiali su strada del 1977 arranca, è la fotocopia ormai patetica di ciò che era stato. Potrebbe scappare via, ritirarsi. Invece conclude la corsa. Ultimo. Gregori:
Quest'ultimo posto è la prova più bella della qualità dell'uomo. Dopo aver vinto quattro titoli mondiali, stoico,accetta di incarnare la massima biblica: 'I primi saranno gli ultimi'. Lo fa con dignità, con umiltà, con rispetto per tutti quelli che gli sono finiti davanti. Con autentica grandezza
. Grande Merckx. E grande libro. Come pure è grande il libro che ha scritto successivamente, quello sulla vita di Ottavio Bottecchia (sempre per 66th and 2nd, 2017) ciclista dei tempi eroici. Anche qui, Gregori affronta il ciclismo con una narrazione epica e ritmata, che richiama un giornalismo di altri tempi. Ad esempio, scrive dello sguardo di Bottecchia sulla prima guerra mondiale, nella quale il ciclista assaggiò per la prima volta il sapore della morte. Da una parte c'era "La Gazzetta dello Sport" che titolava entusiasta in prima pagina "Per la guerra hip hip hurrah!" (che vergogna), dall'altra...
La trincea è una macelleria: corpi squartati, arti mozzati, lamenti, e disperazione. Bottecchia vede ciglia che non si aprono più. Guance che diventano pallide e fredde come il marmo. Giovani che si dissolvono. Amici che ti lasciano senza nemmeno un addio. Uomini che sprofondano nella terra e si nascondono per sempre sotto croci di legno. La guerra è un eterno, doloroso commiato. Riempie la memoria di fantasmi che urlano
E poi, però, quando si mette a descrivere il Bottecchia ciclista, con semplicità poetica, ironia e poche parole ti fa sentire il Tour e i Pirenei
Bottecchia sale per verdi pascoli, e le vacche che ruminano lo guardano con grandi occhi sorpresi
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